venerdì 17 ottobre 2014

17 OTTOBRE 1945 - DISCORSO DI JUAN DOMINGO PERON


Traduzione di: FRANCESCA MARIA
 
 
Lavoratori,
quasi due anni fa, da questi stessi balconi, dissi che avevo tre onori nella mia vita: quello di essere un soldato, quello di essere un patriota e quello di essere il primo lavoratore argentino. Oggi pomeriggio, il potere esecutivo ha firmato la mia richiesta di ritiro dal servizio attivo nell’esercito, con cui ho rinunciato volontariamente all’onore più insigne a cui può aspirare un soldato: portare le palme e gli allori di generale della nazione. L’ho fatto perché voglio continuare ad essere il colonnello Peròn, e pormi con questo nome al servizio integrale dell’autentico popolo argentino.
Lascio l’onorata uniforme che mi ha consegnato la Patria per vestire gli abiti civili e mescolarmi con questa massa sudata e sofferente che costruisce il lavoro e la grandezza della Patria. Per questo do il mio ultimo abbraccio a questa istituzione che è sostegno della Patria: l’esercito. E do anche il mio primo abbraccio a questa massa grandiosa che rappresenta la sintesi di un sentimento che era morto nella Repubblica: la vera civiltà del popolo argentino. Questo è il popolo. Questo è il popolo sofferente che rappresenta il dolore della terra madre che dobbiamo rivendicare. E’ il popolo della Patria. E’ lo stesso popolo che qui in questa piazza ha chiesto di fronte al Congresso di rispettare la propria volontà e i propri diritti. E’ lo stesso popolo che diventerà immortale, perché non ci saranno né perfidia né cattiveria umana a far tremare questo popolo grandioso sia nel sentimento che nel numero.
Questa è la vera festa della democrazia, rappresentata dal popolo che oggi marcia anche per chiedere ai suoi funzionari di compiere il proprio dovere per arrivare ai diritti del vero popolo. Ho assistito molte volte alle riunioni dei lavoratori. Ed ho sempre sentito un’enorme soddisfazione; ma da oggi, sentirò il vero orgoglio di argentino perché interpreto questo movimento collettivo come la rinascita della coscienza dei lavoratori, e come l’unico che può rendere grande e immortale la Patria.
Due anni fa chiesi la fiducia. Molte volte mi dissero che questo popolo, a cui avrei sacrificato tutte le ore del giorno e della notte, mi avrebbe tradito. Che sappiano oggi, questi indegni bugiardi, che il popolo non inganna chi lo aiuta. Per questo, signori, in questa occasione voglio mischiarmi come semplice cittadino con questa massa sudata, e stringerla profondamente col mio cuore, così come potrei fare con mia madre. Che sia questa unità indistruttibile e infinita, affinché il nostro popolo non solo possegga questa unità, ma che sappia anche difenderla degnamente. Voi mi chiedete dove stavo. Stavo realizzando un sacrificio che farei mille volte per voi. Non voglio terminare senza prima mandare il mio ricordo affettuoso e fraterno a tutti i fratelli che da ogni angolo della Patria si muovono e palpitano all’unisono con i nostri cuori.
E adesso giunge l’ora, per colui che stato il vostro segretario del lavoro e che continuerà a lottare al vostro fianco, di vedere realizzata questa era, che è l’ambizione di tutta la mia vita, in cui tutti i lavoratori siano un po' più felici.
Davanti a tanta insistenza vi chiedo che non mi venga chiesto né ricordato ciò che oggi ho dimenticato. Perché gli uomini che non sono capaci di dimenticare non meritano di essere amati e rispettati dai propri simili. Ed io aspiro ad essere amato da voi e non voglio macchiare questa cerimonia con nessun brutto ricordo. Dissi che sarebbe arrivata l’ora del consiglio, e si ricordino, i lavoratori, di unirsi e di essere più fratelli che mai. La nostra bella Patria deve innalzarsi sulla fratellanza di coloro che lavorano e sull’unità di tutti gli argentini. A questa bella massa in movimento incorporeremo quotidianamente ognuno di quelli che sono tristi o scontenti affinché, mischiandosi a noi, possano prendere lo stesso aspetto di massa bella e patriota che siete voi.
A tutti gli amici lavoratori chiedo anche che ricevano con affetto questo mio immenso ringraziamento per la preoccupazione che hanno avuto per questo umile uomo che oggi vi parla. Per questo poco fa vi ho detto che vi abbracciavo così come abbracciavo mia madre, perché voi avete avuto lo stesso dolore e gli stessi pensieri che la mia povera vecchia aveva sentito in questi giorni. Speriamo che i giorni a venire siano di pace e di costruzione per la nazione. So che erano stati annunciati movimenti operai, ma già adesso, in questo momento, non esiste alcuna causa per essi. Per questo, vi chiedo come un fratello maggiore che torniate tranquilli al vostro lavoro, e pensiate. Oggi vi chiedo che torniate tranquilli nelle vostre case, e solo per questa volta, poiché non potrei dirvelo come segretario del lavoro, vi chiedo di passare questa giornata festeggiando la gloria di questa riunione di uomini che vengono dal lavoro, che sono la speranza più cara per la Patria.
Ho deliberatamente lasciato per ultimo il raccomandarvi che prima di abbandonare questa magnifica assemblea lo facciate con molta attenzione. Ricordatevi che tra tutti voi ci sono molte donne operaie, che devono essere protette sia qui che nella vita dagli stessi operai.
Chiedo a tutti di restare ancora riuniti per altri quindici minuti, perché desidero continuare a contemplare questo spettacolo che mi porta via la tristezza che ho passato in questi giorni.
JUAN DOMINGO PERON – Plaza de Mayo 17/10/1945

 

 
 
 
 
 

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