Traduzione di: FRANCESCA MARIA
Lavoratori,
quasi due anni fa, da questi stessi balconi, dissi che avevo
tre onori nella mia vita: quello di essere un soldato, quello di essere un
patriota e quello di essere il primo lavoratore argentino. Oggi pomeriggio, il
potere esecutivo ha firmato la mia richiesta di ritiro dal servizio attivo
nell’esercito, con cui ho rinunciato volontariamente all’onore più insigne a
cui può aspirare un soldato: portare le palme e gli allori di generale della
nazione. L’ho fatto perché voglio continuare ad essere il colonnello Peròn, e
pormi con questo nome al servizio integrale dell’autentico popolo argentino.
Lascio l’onorata uniforme che mi ha consegnato la Patria per
vestire gli abiti civili e mescolarmi con questa massa sudata e sofferente che
costruisce il lavoro e la grandezza della Patria. Per questo do il mio ultimo
abbraccio a questa istituzione che è sostegno della Patria: l’esercito. E do
anche il mio primo abbraccio a questa massa grandiosa che rappresenta la
sintesi di un sentimento che era morto nella Repubblica: la vera civiltà del
popolo argentino. Questo è il popolo. Questo è il popolo sofferente che
rappresenta il dolore della terra madre che dobbiamo rivendicare. E’ il popolo
della Patria. E’ lo stesso popolo che qui in questa piazza ha chiesto di fronte
al Congresso di rispettare la propria volontà e i propri diritti. E’ lo stesso
popolo che diventerà immortale, perché non ci saranno né perfidia né cattiveria
umana a far tremare questo popolo grandioso sia nel sentimento che nel numero.
Questa è la vera festa della democrazia, rappresentata dal
popolo che oggi marcia anche per chiedere ai suoi funzionari di compiere il
proprio dovere per arrivare ai diritti del vero popolo. Ho assistito molte
volte alle riunioni dei lavoratori. Ed ho sempre sentito un’enorme
soddisfazione; ma da oggi, sentirò il vero orgoglio di argentino perché
interpreto questo movimento collettivo come la rinascita della coscienza dei
lavoratori, e come l’unico che può rendere grande e immortale la Patria.
Due anni fa chiesi la fiducia. Molte volte mi dissero che
questo popolo, a cui avrei sacrificato tutte le ore del giorno e della notte,
mi avrebbe tradito. Che sappiano oggi, questi indegni bugiardi, che il popolo
non inganna chi lo aiuta. Per questo, signori, in questa occasione voglio
mischiarmi come semplice cittadino con questa massa sudata, e stringerla
profondamente col mio cuore, così come potrei fare con mia madre. Che sia
questa unità indistruttibile e infinita, affinché il nostro popolo non solo
possegga questa unità, ma che sappia anche difenderla degnamente. Voi mi
chiedete dove stavo. Stavo realizzando un sacrificio che farei mille volte per
voi. Non voglio terminare senza prima mandare il mio ricordo affettuoso e fraterno
a tutti i fratelli che da ogni angolo della Patria si muovono e palpitano
all’unisono con i nostri cuori.
E adesso giunge l’ora, per colui che stato il vostro segretario
del lavoro e che continuerà a lottare al vostro fianco, di vedere realizzata
questa era, che è l’ambizione di tutta la mia vita, in cui tutti i lavoratori
siano un po' più felici.
Davanti a tanta insistenza vi chiedo che non mi venga
chiesto né ricordato ciò che oggi ho dimenticato. Perché gli uomini che non
sono capaci di dimenticare non meritano di essere amati e rispettati dai propri
simili. Ed io aspiro ad essere amato da voi e non voglio macchiare questa
cerimonia con nessun brutto ricordo. Dissi che sarebbe arrivata l’ora del
consiglio, e si ricordino, i lavoratori, di unirsi e di essere più fratelli che
mai. La nostra bella Patria deve innalzarsi sulla fratellanza di coloro che
lavorano e sull’unità di tutti gli argentini. A questa bella massa in movimento
incorporeremo quotidianamente ognuno di quelli che sono tristi o scontenti
affinché, mischiandosi a noi, possano prendere lo stesso aspetto di massa bella
e patriota che siete voi.
A tutti gli amici lavoratori chiedo anche che ricevano con
affetto questo mio immenso ringraziamento per la preoccupazione che hanno avuto
per questo umile uomo che oggi vi parla. Per questo poco fa vi ho detto che vi
abbracciavo così come abbracciavo mia madre, perché voi avete avuto lo stesso
dolore e gli stessi pensieri che la mia povera vecchia aveva sentito in questi
giorni. Speriamo che i giorni a venire siano di pace e di costruzione per la
nazione. So che erano stati annunciati movimenti operai, ma già adesso, in
questo momento, non esiste alcuna causa per essi. Per questo, vi chiedo come un
fratello maggiore che torniate tranquilli al vostro lavoro, e pensiate. Oggi vi
chiedo che torniate tranquilli nelle vostre case, e solo per questa volta,
poiché non potrei dirvelo come segretario del lavoro, vi chiedo di passare
questa giornata festeggiando la gloria di questa riunione di uomini che vengono
dal lavoro, che sono la speranza più cara per la Patria.
Ho deliberatamente lasciato per ultimo il raccomandarvi che
prima di abbandonare questa magnifica assemblea lo facciate con molta
attenzione. Ricordatevi che tra tutti voi ci sono molte donne operaie, che
devono essere protette sia qui che nella vita dagli stessi operai.
Chiedo a tutti di restare ancora riuniti per altri quindici
minuti, perché desidero continuare a contemplare questo spettacolo che mi porta
via la tristezza che ho passato in questi giorni.
JUAN DOMINGO PERON – Plaza de Mayo 17/10/1945
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