giovedì 28 novembre 2013

IL NARCOTRAFFICO E I PROBLEMI DERIVATI DALLA DROGA IN AMERICA LATINA

di LAURENT LANIEL

traduzione dal francese e dal castellano di: FRANCESCA MARIA  - MP3 PERONISTA ITALIA

contributo di: FORO SEGURIDAD URBANA EN REDES


Una versione leggermente differente di questo articolo è stata pubblicata in Jaime Massardo (coord.) e Alberto Suarez-Rojas (coord.): America latina : Mosaico cultural. Reperes de culture generale en espagnol, Ellipses, Paris, 2005 (pp.389-395)


Il problema del narcotraffico è trattato in termini di legittimità sociale che i trafficanti di droga latino-americani hanno acquisito a partire dall’inizio degli anni ottanta. Passiamo in rassegna le manifestazioni di questa legittimità nella sfera linguistica, culturale, economica e di politica interna ed estera. L’imposizione simultanea, a partire dalla crisi del debito, di un modello economico neoliberale e di strategie repressive di controllo delle droghe, d’ispirazione americana, hanno conferito al NARCOTRAFFICO un’utilità economica, politica e anche strategica per le classi dirigenti dell’America Latina e degli Stati Uniti. L’industria della droga rappresenta inoltre un’alternativa economica per dei grandi settori delle classi povere. Tali sono i principali fattori che spiegano lo sviluppo del traffico di droga e del suo successo su tutto il continente americano. La sua principale conseguenza negativa è l’installazione di un clima di terrore e di diffidenza che risulta dalla violenza inerente all’illegalità del traffico di droga e dalla violenza generata dalla sua repressione.


Se oggi chiedete ad esempio a un passante di Parigi, Boston, Tokio o Lagos di citare un colombiano famoso, è probabile che penseranno a Pablo Escobar anziché al premio Nobel Gabriel Garcia Marquez. Questa repentina notorietà mondiale dei commercianti latinoamericani di sostanze psicotrope illegali, delle mafie del narcotraffico, è in gran parte il risultato degli importanti cambiamenti politici e economici che sono avvenuti in America Latina negli ultimi vent’anni.

L’impatto è stato tanto forte che a partire dagli anni 80, il folklore, inclusa la mitologia, di numerosi paesi latinoamericani, ha visto apparire brutalmente un nuovo personaggio: il NARCOTRAFFICANTE, a cui si attribuiscono vizi e virtù a seconda del punto di vista. Il termine è stato adottato anche in Messico, nonostante avesse un suo referente empirico che si chiamava gomero o mariguano dall’inizio del secolo, vale a dire 50 anni prima della nascita degli oggi famosi CARTELLI COLOMBIANI. Anche se è certo che prima della Rivoluzione Messicana la sua fama non arrivava oltre le catene montagnose a nord del paese. Il narcotrafficante contemporaneo, sempre designato al maschile nonostante alcune donne entrarono a far parte della leggenda, si è imposto con talmente tanta violenza nel giro di 20 anni nello scenario politico, economico e sociale latinoamericano, che si dovette abbreviare il nome che lo descrive. Il bisogno di scriverlo e di pronunciarlo costantemente lo faceva apparire troppo lungo e venne trasformato in NARCO. Si conservò il prefisso che si sostantivò sicuramente in modo abusivo. E’ probabile che questo neologismo sia in realtà un anglicismo che si impose nella lingua spagnola, mentre in terra latinoamericana, il governo federale degli Stati Uniti imponeva il suo modello di guerra contro le droghe. In quanto prefisso sostantivato, il narco latinoamericano deve la sua esistenza in buona parte all’abitudine presa dagli statunitensi di designare in maniera scorretta con il nome di NARCOTICI tutte le sostanze psicotrope illegali, anche quelle che non sono sonniferi ma stimolanti come la cocaina. Quest’alcaloide estratto dalle foglie di coca, coltivata nella regione andina da centinaia di anni, è quello che ha contribuito più di tutti alla volgarizzazione del termine narco.

Per molti latinoamericani il trafficante di droga è diventato un simbolo di successo, il compatriota che si prende gioco dei gringos. Che dice di aver dato agli statunitensi  “una zuppa di del proprio cioccolato” e si presenta come uno di questi imprenditori di successo delle telenovele statunitensi, una specie di J.R. Ewing latino. Egli incarna la rivincita dell’America Latina e acquisisce lo status di eroe popolare, soprattutto perché sa come guadagnarsi la lealtà dei suoi concittadini costruendo scuole, abitazioni, distribuendo regali e favori, etc. Pertanto anche se si prende una condanna in carcere o se è perseguitato dalla polizia si può convertire in una leggenda vivente e in un modello di cui bisogna imitare il codice d’onore, il valore e la virilità. In questo modo, nel nord del Messico vari gruppi di musica ranchera come los Tigres del Norte o los Tucanes de Tijuana hanno fatto fortuna cantando le lodi dei grandi trafficanti locali. I NARCOCORRIDOS, come si chiama questo genere musicale derivato dai corridos (ballate) che prima si dedicavano agli eroi della Rivoluzione Messicana sono apprezzati anche in Colombia dove, così come in Messico e nel sud ovest degli Stati Uniti, hanno un gran successo radiofonico e discografico. Il narcorrido più conosciuto è senza dubbio Contrabando y Traicion che narra la storia tragica di Camelia la Texana, contrabbandiera di marijuana tra Tijuana e Los Angeles, e assassina per amore.

Per molte ragioni, è agli Stati Uniti che il narco latinoamericano in carne e ossa deve il suo successo economico e la sua legittimità sociale nei paesi a sud di Rio Bravo. Nonostante l’importante boom del consumo di sostanze illecite nel resto del mondo, America Latina inclusa, dall’inizio degli anni 90, gli Stati Uniti continuano a essere il mercato nazionale di consumo di droghe più grande del mondo, e di conseguenza il bersaglio principale del NARCOESPORTATORE latino. E’ il paese in cui si vende la maggior parte del suo gallo (marijuana), del suo perico (cocaina) e della sua chiva (eroina). D’altra parte è dagli Stati Uniti che provengono la maggioranza delle armi che il narco usa indiscriminatamente, e i beni di consumo che alimentano il suo ostentato stile di vita. 

Ma oltre l’immaginario popolare, la legittimità di cui gode il narcotrafficante non è solamente del tipo che può comprarsi con il suo argento o estorcere col suo piombo, essendo questi due metalli tra i più famosi argomenti di persuasione del già citato Robin Hood Paisa, vale a dire Pablo Escobar, alias Don Pablo o El Patron. La legittimità del narco implica anche aspetti politici. Così come fecero Escobar (morto nel 1933) e il suo cartello di Medellin, o il capo messicano Amado Carrillo Fuentes (ufficialmente morto nel 1997) e il cartello di Ciudad Juarez, il narco latino sa promuovere i suoi interessi e difendere la sua impunità toccando una corda sensibile dell’opinione pubblica latinoamericana: il nazionalismo antistatunitense. Si dichiara nazionalista perché si oppone all’ingerenza americana che viola la sovranità nazionale del suo paese. Gli statunitensi replicano, non senza ragione che questa posizione ideologica, che loro qualificano come NARCONAZIONALISMO, si deve soprattutto al timore che hanno i trafficanti di essere estradotti e finire in una prigione degli Stati Uniti. 

Il razzismo che ha permeato l’applicazione delle leggi antidroga statunitensi create dall’ultimo quarto del secolo scorso fino ad oggi, partecipa anche, in maniera indiretta, al processo di legittimazione dei narco in America Latina. Infatti, in relazione al suo peso demografico nella popolazione totale degli Stati Uniti di circa 300 milioni, sono pochi gli statunitensi bianchi e protestanti di origine anglosassone, i WASP così si dice in inglese, condannati al carcere per delitti relazionati con la droga. Al contrario, gli statunitensi neri e quelli di origine latinoamericana costituiscono circa il 60% dei detenuti per questo tipo di delitti. Le leggi antidroga applicate negli Stati Uniti dalla metà degli anni 80, che il governo federale intende esportare al mondo intero a partire dall’America Latina, hanno trasformato questo paese in uno dei primi al mondo per numero di detenuti, tanto in termini assoluti che relativamente al totale dei suoi abitanti. D’accordo con le cifre pubblicate dal governo di Bill Clinton alla fine del 1998 il numero dei detenuti nelle carceri statunitensi ammontava a 1 milione e seicentomila. E così oggi negli Stati Uniti ci sono più giovani neri sottomessi a un’altra forma di controllo giudiziario per crimini relazionati alla droga, piuttosto che neri che studiano nelle università del paese. Nemmeno l’antico governo razzista del Sud Africa dell’apartheid aveva visto  cifre carcerarie come quelle degli Stati Uniti.

In queste condizioni, e dato i gravi problemi economici che flagellano l’America Latina, così come il tradizionale anti-gringuismo dei suoi abitanti, non è difficile per il narco convincere i latinoamericani che, dopo tutto, lui non fa altro che guadagnarsi la vita pericolosamente prendendosi gioco degli agenti di un governo oppressivo.

Ma questo conflitto, in apparenza irrimediabile, non impedisce le alleanze tattiche o strategiche tra narco latini e giustizieri statunitensi quando entrambi hanno interessi comuni. Questo è il caso della guerra in Nicaragua quando, con l’appoggio della CIA, i guerriglieri della Contra, che si opponevano al governo Sandinista, finanziarono una parte della loro lotta con il traffico di cocaina.

Dal punto di vista globale, si può dire che il commercio di droga genera ricchezza, mentre le politiche neoliberali applicate dalla maggior parte dei governi latinoamericani e dalla crisi del debito negli anni 80, abbassò la pressione del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e della Banca Mondiale (BM), hanno esteso la povertà concentrando la ricchezza nelle mani di piccoli gruppi oligarchici. Ciò nonostante, bisogna precisare questa posizione tra un narcotraffico prodigo e un neoliberalismo impoveritore.  Giacchè se una parte del ricavato del narcotraffico permette a certi settori, soprattutto rurali, di salvarsi dalla completa indigenza, la maggior parte resta concentrata nelle mani dei capi del narcotraffico, in quelle dei loro soci nel commercio legale e la banca, e in quelle dei loro protettori politici. A livello macroeconomico, una volta che il riciclaggio di denaro negli Stai Uniti, America Latina, Europa o nei paradisi fiscali, gli ha dato una facciata di rispettabilità, i NARCODOLLARI irrigano il sistema finanziario internazionale, partecipano al pagamento del debito e pertanto si inseriscono nella logica del neoliberalismo.

Come tutti gli uomini d’affari che si rispettano, i narco hanno saputo tendere allacci con le classi politiche, soprattutto mediante il finanziamento di campagne elettorali e inserendosi in reti clienteliste che definiscono il gioco politico di molti paesi latinoamericani. Reti che, giustamente, soffrono la minaccia di esaurirsi, giacchè una gran parte dei ricorsi generati in America Latina è stata diretta (e continua ad essere diretta), verso il nord per pagare i prestiti. In alcuni paesi, i narco diventano politici, e in altri, sono i politici che diventano narco. A tal punto che non si capisce chi sia cosa. Per esempio, in Messico, in cui si stà avviando un processo di democratizzazione e si avvicina l’elezione presidenziale del 2000, si parla attualmente di narcosistema, di narcopolitici e di narcodemocrazia.

In America Latina spesso si tratta degli stessi politici che al tempo stesso denunciano l’interventismo statunitense e la corruzione dei governi che lo hanno preceduto, utilizzano i narcodollari per essere eletti e, una volta al potere applicano le ricette neoliberali del FMI e le politiche repressive e perfettamente inefficaci della lotta contro la droga imposte mediante la NARCODIPLOMAZIA di Washington… Abbiamo quindi un cocktail esplosivo i cui due ingredienti principali sono le politiche economiche, che concentrano la ricchezza e estendono la povertà, e misure di tipo giudiziario, che reprimono violentemente la criminalità generata dalla povertà… ma senza mai farla fuori. E il risultato è la crescita della violenza che, installandosi nella vita quotidiana, mantiene le grandi città latinoamericane, già di per sé caotiche, e vaste regioni della campagna, in un costante clima di terrore e sfiducia. 

GLOSSARIO

CARTEL: cartello; nome designante abitualmente un gruppo di imprese che lavorano per dominare un mercato controllando i prezzi per la regolazione della produzione e della concorrenza (ad esempio il cartello dei petroli). Sono dei poliziotti americani che per la prima volta all’inizio degli anni 80, hanno applicato in maniera abusiva il termine di cartello al mondo del traffico di droga. Allora si trattava di designare le organizzazioni di trafficanti di cocaina operanti da Medellin. Dopo questo termine si è generalizzato. E oggi è utilizzato di routine, e anche se abusivo, per la stampa latinoamericana e occidentale per designare le organizzazioni dei trafficanti di droga, esclusivamente latinoamericani malgrado la violenta concorrenza alla quale si dedicano tra di loro.

LAVADO DE DINERO: riciclaggio di denaro; nome designante l’insieme di operazioni volte a mascherare l’origine delittuosa dei fondi (specialmente derivati dal traffico di droga) per conferire loro un origine in apparenza legittima al fine utilizzarli liberamente all’interno di operazioni legali.

NARCODIPLOMACIA: narcodiplomazia; termine di origine americana (narco-diplomacy) designante l’insieme delle azioni politiche degli Stati Uniti volte a favorire l’adozione da parte di governi stranieri, soprattutto latinoamericani, di norme e politiche di controllo delle droghe basate sul modello americano.

PAISA(S): aggettivo familiare designante gli abitanti del dipartimento colombiano di Antioquia, di cui la capitale e Medellin.

PSICOTROPO,A(S): psicotropo; aggettivo derivato dal greco utilizzato come nome che significa letteralmente “che fa muovere lo spirito”; designa le sostanze che fanno effetto sul sistema nervoso centrale. Oggi è più sovente impiegato per designare dei medicinali legali che hanno effetto sulla psiche.


BIBLIOGRAFIA

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Scott, P.D. & Marshall, J.: Cocaine Politics, Drugs, Armies and the CIA in Central America, University of California Press, Berkeley and Oxford, 1991.
Un Narco se confiesa y acusa: carta abierta al pueblo colombiano, Editorial Colombia Nuestra, 1989
NOTAS
[1] Ver: Un Narco se confiesa y acusa: carta abierta al pueblo colombiano. Editorial Colombia Nuestra. 1989 (obra anónima que observadores atribuyen a Pablo Escobar Gaviria o a Gonzálo Rodríguez Gacha).
[2] Ver: Luis Astorga: Mitología del narcotraficante en México, Plaza y Valdés, México, D.F., 1995; y Luis Astorga El Siglo de las Drogas, Espasa-Hoy, México, D.F., 1996.
[3] Por ejemplo, Los Tigres del Norte: Temas de películas, corridos originales, Musivisa, sin fecha; y Los Tucanes de Tijuana: 14 Tucanazos bien pesados, Alacrán Productions Records Inc., distribuido en México por EMI Music México S.A. de C.V., 1995.
[4] Ver: Mario Quintero Lara: “Mis Tres Animales”, en Los Tucanes de Tijuana: 14 Tucanazos bien pesadosop. cit.
[5] Peter Dale Scott & Jonathan Marshall: Cocaine Politics, Drugs, Armies and the CIA in Central America, University of California Press, Berkeley and Oxford, 1991.



mercoledì 27 novembre 2013

LE VENTI VERITA' DEL PERONISMO


   traduzione di: FRANCESCA MARIA  - portavoce italiana MP3 Peronista





     1. La vera democrazia è quella in cui il governo fa ciò che vuole il popolo e difende un solo interesse, quello del popolo.

2. Il Peronismo è essenzialmente popolare. Tutto il circolo politico è antipopolare e pertanto, non è Peronista.

3. Il Peronista lavora per il movimento. Chi serve un partito o capo politico in suo nome, lo è solo di nome.

4. Per il Peronismo non esiste che una sola classe di uomini: quelli che lavorano.

5. Nella nuova Argentina, il lavoro è un diritto, che crea la dignità dell’uomo, ed è un dovere perché è giusto che ognuno produca almeno ciò che consuma.

6. Per un Peronista non può esserci niente di meglio di un altro Peronista.

7. Il Peronista non deve sentirsi superiore a quello che è né inferiore a ciò che deve essere. Quando un Peronista inizia a sentirsi superiore a ciò che è, si trasforma in oligarca.

8. Nell’azione politica, la scala di valori del Peronista è la seguente: primo la Patria, secondo il Movimento, terzo l’Uomo.

9. La politica per noi non è un fine, ma solo un mezzo per il bene della Patria, che consiste nella felicità dei suoi figli e nella grandezza nazionale.

10. Le due braccia del Peronismo sono la giustizia sociale e l’aiuto sociale. Con essi diamo al popolo un abbraccio di giustizia e di amore.

11. Il Peronismo anela l’unità nazionale e non la lotta. Desidera eroi ma non martiri.

12. Nella nuova Argentina gli unici privilegiati sono i bambini.

13. Un governo senza dottrina è un corpo senza anima. Per questo il Peronismo ha la sua propria dottrina politica, economica e sociale: il Giustizialismo.

14. Il Giustizialismo è una nuova filosofia di vita, semplice, pratica, popolare, profondamente cristiana e profondamente umanista.

15. Come dottrina politica, il Giustizialismo realizza l’equilibrio dei diritti dell’individuo con quelli della comunità.

16. Come dottrina economica, il Giustizialismo realizza l’economia sociale, ponendo il capitale al servizio dell’economia e quest’ultima a beneficio del benessere sociale.

17. Come dottrina sociale, il Giustizialismo realizza la giustizia sociale che dà ad ogni persona il proprio diritto in funzione sociale.

18. Vogliamo un’Argentina socialmente giusta, economicamente libera e politicamente sovrana.

19. Costituiamo un governo centralizzato, uno stato organizzato e un popolo libero.

20. In questa terra la cosa migliore che abbiamo è il popolo.