venerdì 1 maggio 2015

1 MAGGIO 1951 - DISCORSO DI EVITA PER LA FESTA DEL LAVORO

 
Traduzione di: FRANCESCA MARIA A.
 
 
 
 
Discorso di Eva Duarte de Peròn per la festa del lavoro - Plaza de Mayo 1 Maggio 1951
 
Miei cari descamisados,
in questo giorno tradizionale per i lavoratori argentini, in questo 1 Maggio meraviglioso i cui i lavoratori festeggiano il trionfo del popolo e di Peròn sugli eterni nemici e traditori della Patria, io voglio parlare con la sola, con l’assoluta, con l’escusiva rappresentanza dei descamisados.
Desidero parlare per Peròn, per i lavoratori, per gli uomini e le donne del mondo che vogliono condividere con noi la gloria di un popolo che innalza la sua bandiera giusta, libera e sovrana sulla cima di tutti i pennoni della Patria.
Desidero che voi mi autorizziate, che mi diate il potere meraviglioso ed eterno di tutti i lavoratori, di tutte le donne, di tutti gli umili, in una parola, quello di tutti i descamisados.
Desidero che siate voi ad autorizzarmi; voi che qui, in questa vecchia piazza delle nostre glorie, rappresentate il popolo autentico che nel 1810, spingendo le porte del Consiglio gridando “vogliamo sapere di cosa si parla”, ha conquistato il proprio diritto di libertà e sovranità. Desidero che voi mi autorizziate affinchè dica ciò che voi sentite; voi che, attraverso un secolo di oligarchia, di vessazioni, di sfruttamento, avete sofferto l’amarezza infinita di vedere la patria umiliata e sottomessa dai propri figli. No, quelli non erano i suoi figli. No, nelle loro vene non scorreva sangue di argentini; nelle loro vene scorreva sangue di traditori. Io voglio che voi mi autorizziate affinchè dica con poche parole, con la mia scarsa eloquenza, ciò che voi sentite, ciò che voi volete che dica, in questa meravigliosa giornata dei lavoratori, al generale Peròn e al popolo.
Voi potete parlare qua davanti, a testa alta, alla Patria e a Peròn, perchè voi avete visto in Peròn l’ultima speranza della Patria e lo avete seguito così come solamente una bandiera si segue, disposti a morire per essa o a trionfare per la sua vittoria; voi avete il diritto di parlare di fronte alla Patria e con Peròn, perchè voi, come me, lo avete seguito stringendo i denti con rabbia e coraggio quando l’oligarchia senza patria nè bandiera voleva lasciare anche noi senza patria nè bandiera, privandoci del diritto di seguire Peròn fino alla morte; voi potete parlare con Peròn perchè porterete sempre acceso nel cuore il fuoco delle torce che abbiamo preso coi quotidiani e le riviste per festeggiare la vittoria del 17 Ottobre del 1945; voi, solamente voi, potete dare alle mie parole il fuoco, la forza infinita che desidero avere, che vorrei avere per poter dire al nostro condottiero, per dire al mondo, per dire alla Patria, come i lavoratori lo seguono, e quanto vogliono bene a Peròn.
Io non possiedo l’eloquenza, ma possiedo un cuore; un cuore peronista e descamisato che ha sofferto sin dall’inizio con il popolo e che non lo dimenticherà mai, per quanto avanti possa andare. Io non possiedo l’eloquenza, ma non c’è bisogno dell’eloquenza per dire al generale Peròn che i lavoratori, la Confederazione Generale del Lavoro, le donne, gli anziani, i poveri e i bambini della Patria, non lo dimenticheranno mai, perchè ci ha resi felici, ci ha resi degni, ci ha resi buoni, ci ha fatti amare gli uni con gli altri, perchè ci ha fatto alzare la testa per guardare il cielo, perchè ci ha tolto dal sangue, dall’odio e dall’amarezza, e ci ha infuso l’ardore della speranza, dell’amore e della vita.
Confederazione Generale del Lavoro e lavoratori, non abbiamo bisogno di eloquenza per dire a Peròn che non lo dimenticheremo mai, perchè ci ha resi degni e giusti, perchè ci ha resi liberi e sovrani e perchè quando la nostra bandiera passeggia per le strade dell’umanità, gli uomini del mondo si ricordano della Patria come di una fidanzata perduta che si è vestita di bianco e celeste per insegnargli il cammino della felicità. Compañeras e compañeros, questa mattina, quando il generale ha finito il suo messaggio di vittoria, ha detto che questo trionfo è della Patria e del popolo, è nostro, soltanto nostro. E ho pensato quello che avrete pensato anche voi; che se non fosse stato per Peròn, staremmo come nei vecchi primi di Maggio dell’oligarchia, a piangere i nostri morti anzichè festeggiare la vittoria.
Siamo d’accordo, mio generale, che il trionfo è della Patria e dei lavoratori, siamo d’accordo chei lavoratori e gli umili sono sempre rimasti in piedi ad abbracciare le giuste cause, per questo abbracciamo la causa di Peròn. Ma che cosa ne sarebbe stato della Patria e dei lavoratori senza Peròn? Per questo, ringraziamo Dio che ci ha concesso il privilegio di avere Peròn, di conoscere Peròn, di comprendere, amare e seguire Peròn.
Io, la più umile collaboratrice del generale Peròn, ma anche una delle più ferventi amiche degli umili e dei lavoratori, mi congratulo con gli umili, i descamisados e i lavoratori, e molto fervosamente con la Confederzione Generale del Lavoro, per questa fede, per questa lealtà incrollabile a Peròn. E se mi facessero scegliere una tra tutte le cose della terra, io sceglierei la grazia infinita di morire per la causa di Peròn, cioè di morire per voi. Perchè anch’io, come i compagni lavoratori, sono capace di morire e di finire la mia esistenza nell’ultimo momento di vita con il nostro grido di salvezza: la vita per Peròn!
EVA DUARTE DE PERÓN



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