Un gruppo di ufficiali dell’Esercito Argentino parte per l’Italia, nel
febbraio 1939, a bordo del transatlantico “Conte Grande”. Appena arrivati a
Genova, il Tenente Colonnello Juan Peròn viene aggiunto al Comando della
Divisione Alpina Tridentina, con sede a Merano (Provincia di Bolzano nel Sud
Tirolo). Durante il suo soggiorno in Italia, Peròn partecipa ai diversi corsi
d’addestramento e manovre sulle due rive del Po. Poi passa alla 24ª Divisione
fanteria "Pinerolo", composta dai reggimenti fanteria 13° e 14° e
quello d'artiglieria 18°. Dopodiché è destinato presso la Scuola di sci a
Sestriere, in Piemonte e, in seguito, alla Scuola di alpinismo e sci ad Aosta,
nella Val d’Aosta. Chiama l’attenzione la decisione di assistere ai numerosi
esercizi in montagna di compagnie, battaglioni e reggimenti, ai corsi di
specializzazione in alpinismo, sci e manovre di divisioni alpine. A parte
questo, Peron si fece tempo per alternare la montagna con studi ed osservazioni
della realtà politico-militare in Italia, Francia, Spagna, Germania e Russia.
Ecco perché, al suo rientro, scrive dei testi sulle differenze e le somiglianze
della guerra sulle Alpi e sulle Ande. Un capitolo su "Perón a Merano"
di paolo Valente (1) manifesta il suo punto di vista sulla questione. “Quando
all’inizio del 1946 l’elettorato argentino conferisce a Juan Domingo Perón la
carica di presidente della repubblica, davanti all’apparecchio radiofonico di
casa che annuncia la notizia più di un meranese spalanca gli occhi
meravigliato” dice Valente. “Non si chiamava forse Perón quell’ufficiale
argentino che pochi anni prima si poteva vedere impettito sulla tribuna
dell’ippodromo seguire le corse dell’ultima stagione ippica estiva anteguerra?
Un caso di omonimia? Per nulla. Il sudamericano in divisa chiara era proprio
Juan Domingo Perón, allora tenente colonnello di fanteria dell’esercito
argentino” aggiunge lo storico italiano. La permanenza di Peròn a Merano si
protrae dall’inizio di luglio ad almeno al fine di settembre del 1939.
Ufficialmente, si trova in Italia insieme ad altri ufficiali di stato maggiore,
di fanteria e di artiglieria, incorporati “a reparti di truppe da montagna del
Regio Esercito, per eseguirvi un periodo di addestramento e istruzione”. Peròn
viene aggregato alle truppe di montagna del Regio Esercito “allo scopo di
studiare l’organizzazione delle unità e dei comandi di queste speciali truppe”.
Sarebbe stato lui stesso a scegliere come destinazione l’Italia perché,
spiegherà: “parlo l’italiano tanto come il castigliano e a volte meglio”.
Questa espressione ha scattato la fantasia che immagina un Peròn, forse nato in
Sardegna, che falsifica dei documenti che gli permettono frequentare il Colegio
Militar de la Nacion e addirittura raggiungere la presidenza del Paese. “Perón
è dunque destinato al comando della 2° Divisione Alpina Tridentina a Merano,
dove si presenta il 1° luglio, essendosi trattenuto prima a Roma probabilmente
per stendere il piano della sua attività insieme al nuovo addetto militare
argentino, il suo pari grado Virginio Zucal, di evidenti ascendenze nonese”
continua Valente. Infatti, Zucal era figlio di Calisto Fortunato Zucal e di
Amabile Graif, emigrati da Romeno –nel Trentino- in Argentina alla fine
dell’800. A Roma egli vive con la moglie e i suoi cinque figli. “Col 1°
settembre si dovrebbe procedere al previsto cambio di destinazione, ma è
proprio l’addetto militare Zucal ad intercedere per un cambiamento di
programma. Anziché mandare a Perón alla scuola allievi ufficiali di complemento
di Bassano, dove si trovano tre suoi colleghi, egli chiede che gli si permetta
“di continuare nella Divisione Tridentina fino a tutto il mese di febbraio
1940, per poter partecipare alle esercitazioni invernali con detto Comando”
dice Valente. Una lettera, scritta da Juan Peron di stanza a Merano al Capitano
Maidana, camerata suo di stanza a Bassano del Grappa, anticipa la mossa del
futuro Presidente argentino. Merano, 4 agosto 1939 Al Sig. Capitano D. Augusto
Maidana. Bassano Mio caro Maidana: Ho appena ricevuto una lettera da Zucal, che
mi conferma un suo telegramma precedente in cui comunica la decisione del
Ministerio de Guerra sulla mia permanenza presso la Divisione Alpina
Tridentina. Questa soluzione taglia i miei desideri di unirmi a voi. Tuttavia,
mi lascia intravedere la possibilità di marciare sulla zona di concentramento,
quello che mi piace per i grandi vantaggi professionali che esso rappresenta:
vedere da vicino la mobilitazione ed un concentramento vero. Se non ce la
facessi, almeno, mi resterebbe il ricorso di gestire l’inserimento nel momento
più opportuno. Ecco perché non avrò il piacere di essere assieme a voi a
Bassano, com’era la mia decisione. Invece, vi faro una visita ben presto perché
vorrei salutare il Direttore della Scuola e gli ufficiali. A tale scopo: 1. — Io
avevo accettato la vostra gentile offerta di portarmi qui la macchina quando
venisse l’autorizzazione di guida. Pero, come devo andare a salutare quella
gente, preferisco evitarvi disturbi inutili ed andare io personalmente e
ammazzare tre uccelli di un colpo: salutarvi e visitarvi, salutare il Direttore
e gli ufficiali e riportare la macchina. 2. — Per quello ho bisogno di una
autorizzazione di guida per cui vi prego mi faccia sapere quando sia stata
rilasciata per andare a prenderla. Contemporaneamente mi porto la macchina e
l’autorizzazione di guida, perché non è un bel programma non aver la
macchinetta. D’altra parte può essere utile in caso di trasferirmi nel fronte.
3. — Rimango, di conseguenza, in attesa della sua lettera in cui mi dica che
sono già autorizzato a guidare. Vado in treno e torno in macchina. Per quanto
riguarda l’affare Zucal non mi dice niente; forse abbia scritto a Lei. Da noi
come sempre senza novità e aspettando ora le notizie dalla Divisione Alpina
Tridentina, in cui, secondo Zucal, il Ministro de Guerra ha comunicato la
decisione di mantenermi li. Non so se avranno fatto una simile comunicazione al
Direttore di essa Scuola, pero la prego, in caso che non sia stato informato,
lei gli dica da parte mia che ho ricevuto comunicazione al riguardo e che avrò
il piacere di andare a salutare lui e gli ufficiali, non appena abbia la
macchina a posto. Bene caro Maidana, saluti e i migliori desideri di felicita e
serenità a tutti. Col mio grande abbraccio riceva i saluti miei. Perón Altre
lettere, che Perón scrive all’amico Zucal da Merano, fanno pensare ai servizi
d’intelligenza italiani che la missione dell’ufficiale argentino non si limita
certo allo studio delle truppe alpine. Ad esse egli esprime una serie di
considerazioni sull’andamento militare della guerra scoppiata il 1° settembre
con l’invasione di Hitler alla Polonia. “Peròn fa pronostici sull’atteggiamento
delle varie parti in causa. E’ sua convinzione, ad esempio, che l’Italia
entrerà in guerra ancora nel 1939, prima di dicembre, o l’anno successivo, dopo
marzo” assicura Valente. Ritiene che “la Francia non prenderà alcuna offensiva,
ad eccezione di attacchi parziali e con obiettivi limitati”, che “la Germania,
terminata la sua azione in oriente (...), accorrerà, con la totalità delle sue
forze, sul fronte occidentale. Offrirà nuovamente ed invano la pace. Poi
comincerà il bello”. Infine “nei primi giorni di novembre comincerà la guerra
sul serio ed allora sarà il momento di starsene al balcone”. Dalle lettere
intercettate, il SIM ha compreso che il ruolo del tenente colonnello argentino
va oltre al semplice studio tecnico delle truppe alpine. Quello che Perón
comunica a Zucal sono informazioni e considerazioni di strategia militare e di
politica bellica, proprio nei giorni in cui il governo italiano sta valutando
con attenzione il da farsi. “Del resto Perón non è per niente nuovo ad attività
di spionaggio. Negli anni immediatamente precedenti al suo trasferimento in
Italia (1937-1938) è, come addetto militare argentino a Santiago del Cile, al
centro di un oscuro caso di spionaggio militare ai danni della vicina
repubblica andina” coincide Valente. Il SIM, in una nota interna, afferma che
“l’attività di quest’ufficiale in Italia appare non chiara. Risulterebbe che
qualche cosa sia emersa nei suoi confronti”, ragione per cui si decide di
mandarlo alla scuola di alpinismo di Aosta “dove potrà studiare benissimo
quanto concerne le truppe alpine”. E’ ben chiaro che lo spostamento di Peron
dal fronte Tridentino ubbidisce a precise ordini dell’organismo
dell’intelligenza militare italiana. In seguito Peròn presta servizio ad Aosta
fino al 31 di maggio del 1940. Dal giugno 1940 fino al suo ritorno nel dicembre
dello stesso anno, è finalmente in servizio come assistente dell’addetto
militare presso l’ambasciata argentina a Roma. Cioè finalmente viene attaccato
a una scrivania. Touche! Rientrato in patria Peròn diventa direttore del Centro
d’istruzione di Mendoza e matura le esperienze fatte a contatto con l’Italia di
Mussolini. Nell’immediato secondo dopoguerra, l’Argentina ormai presieduta da
Peron, sosterrà l’Italia con l’invio di notevoli quantitativi di grano e, nel
1947, Eva Duarte sarà accolta trionfalmente nella tappa italiana del suo
viaggio in Europa. Il periodo trascorso tra gli alpini sarà ricordato da Perón
in ogni possibile occasione d’incontro con delegazioni italiane. Scrive Perón a
Zucal: “Io sto facendo la cura dell’uva, che dicono a Merano sia meravigliosa.
Sono un poco scettico con le ‘meraviglie curative’ e seguo questa pur essendo
sicuro che non mi farà niente. D’altra parte, poiché non ho niente da curarmi,
non avrò niente da pentirmi, a meno che io non debba pentirmi di aver mangiato
due chili al giorno di un’uva così bella come questa” finisce Valente. Forse
voleva dire in codice: Mandarmi a una scrivania di Roma non è servito a niente.
Ho già capito tutto e imparato quello che volevo imparare e ho visto quello che
volevo vedere. Buon appetito a tutti!
STEFANO CARBONI
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