CONSEGUENZE SOCIALI DEL MODELLO “K” O “C” SUGLI ARGENTINI
Potrai ingannare tutti per un periodo; qualcuno lo potrai ingannare per sempre; ma non potrai ingannare tutti per sempre. Abraham Lincoln 1808-1865 – politico statunitense. Le ambiguità e i falsi discorsi non possono nascondere la verità… non quella che crede di vedere il politico senza che essa venga accettata dal popolo, e di conseguenza questa differenza segna i tempi della fine di un modello politico.
Lo straordinario deterioramento delle condizioni di vita della maggioranza della popolazione argentina e l’inedita regressione economica e sociale sono il risultato di un deliberato progetto di concentrazione, saccheggio e genocidio promosso dai settori più potenti, e che si è mantenuto durante gli anni di democrazia al di là dei cambiamenti del partito al governo, dei ministri, delle politiche e delle diverse congiunture interne e nazionali che ci sono state.
Se consideriamo un insieme A di indicatori che mostrano le condizioni di vita della maggioranza, e un altro insieme B che racchiude le variabili di cui beneficiano le minoranze privilegiate e le frazioni più concentrate del capitale in Argentina, vedremo una dinamica di comportamento che può spiegare questa involuzione. Questo è come siamo potuti arrivare a questa situazione, quando siamo appena 40 milioni di persone (su più di 6.800 milioni di persone che vivono su questo pianeta), possediamo uno dei territori più estesi con la più grande varietà di ricchezza (terre, clima, alimenti, energia, ecc) con una produzione agraria in grado di sfamare 400 milioni di persone, ma non possiamo garantire condizioni dignitose di vita e di alimentazione alla maggioranza della nostra popolazione della quale oltre un terzo vive in condizioni di povertà e di grande precarietà.
Il cammino della distruzione del modello vigente è stato lungo e doloroso, con crisi cicliche e tappe post-crisi di relativo recupero, che tuttavia non hanno mai permesso di recuperare il livello precedente la crisi. L’insieme di indicatori A (benefici in generale per la maggioranza) è crollato miseramente in un breve lasso di tempo per lo shock socio-economico, per poi successivamente rimettersi lentamente, ma senza arrivare alla situazione esistente prima dello shock. L’insieme di indicatori B (benefici per il capitale concentrato e la minoranza privilegiata) si è elevato bruscamente in coincidenza con la crisi e con forti aggiustamenti per poi mantenersi più vago nella tappa di recupero, ma senza perdere l’essenziale e restando sempre in una situazione migliore di quella precedente la crisi.
Il “contratto morale”, cioè quello che un governo acquisisce come mandato del popolo, per la sua protezione nell’ambito della qualità della vita, sia equa che integrale, essendo il capitale sociale l’esclusivo interesse politico del governo, purtroppo si è rotto, perché diversi fattori, generati dai suoi stessi errori, hanno stabilito un divario maggiore tra ricchi e poveri, e ne hanno influenzato direttamente e indirettamente il futuro, per mancanza di opportunità e per il restare aggrappati al tetto dato dall’assistenzialismo politico come sopravvivenza…
L’assistenzialismo, in un’epoca di grave crisi sociale così com’è stata quella del 2001, è stato uno strumento indispensabile per arrivare ai settori più compromessi e bisognosi di assistenza sociale ma senza creare posti di lavoro, e, plasmato da discorsi ambigui ma privi di valore, il Paese è crollato nell’evoluzione lavorativa, generando una generale crisi morale di impotenza e di svalutazione umana.
Lamentando che non è stata sfruttata l’ottimizzazione dello sviluppo dei mercati nella produzione agricola e in quella della soia per 6 anni consecutivi si è generata una politica produttiva e lavorativa rimasta solo in titoli di azioni che non si sono mai realizzate, tradendo così le produzioni regionali e di alto valore di cui ha bisogno il mondo, e l’Argentina con questo pseudo-modello è rimasta ad effimeri atti populisti tradendo l’obiettivo peronista e di Evita secondo cui “per ogni necessità di un povero nasce un diritto”, travisato e cambiato in “per ogni necessità di un povero, nasce un affare”, questo è ciò che hanno segnato la corruzione e l’alta spesa fiscale dei grandi negoziati, come le migliaia di milioni dell’ANSSES ecc.
LE REAZIONI POPOLARI, MARCE, PICCHETTI E CORTEI PER LE STRADE
Gli errori nei modelli economici che non sono stati corretti in tempo vengono fatti ricordare dal popolo con l’unico strumento che ha: la reazione popolare. Le ultime 3 mobilitazioni, come la mega-marcia di un milione di persone nella città di Buenos Aires dell’8 novembre 2011, così come in altre 80 città e all’estero, hanno dato non solo un chiaro messaggio al Governo e all’opposizione, ma hanno anche segnato un tempo, e cioè quello della FINE DI QUESTO GOVERNO.
La reazione è stata generata dalla frattura sociale che dopo il 2001 non è mai stata risolta, e la società argentina, secondo lo scrivente, è composta da Indignati e Rassegnati.
Gli indignati sono normalmente di classe media o povera, osservano giorno dopo giorno come i loro diritti vengono ammazzati, violentati e fatti sparire, come quello della cultura al lavoro, che influenzano naturalmente la loro qualità di vita, come l’insicurezza, la disoccupazione, l’ingiustizia, la proprietà privata, la salute, l’educazione ecc. vengono lentamente sprovvisti di valori e principi che sono stati la base della loro educazione e sussistenza per più di 200 anni; che ormai diffidano della politica, ma rimane loro il fuoco sacro della dignità, non si identificano né a destra né a sinistra, né sono liberali, chiedono solo di poter tornare a credere in una Repubblica Argentina, di valori certi basati sul rispetto, l’uguaglianza e l’integrazione, con la solidarietà per i meno abbienti. Motivi per i quali vanno in strada a far valere i propri diritti.
I rassegnati sono un settore molto povero, stipati in baraccopoli o altri insediamenti, che cedono, per necessità di sopravvivenza, al despotismo del rispetto dei codici che le necessità assegnano a chi ha meno possibilità; la maggioranza cade per necessità nelle mani dell’assistenzialismo politico, ma si accresce la loro mancanza di reazione, che si somatizza con la precarietà e la mancanza di opportunità come barriera che gli dà il sistema. Si sentono discriminati, e pertanto si auto discriminano, vivendo e accettando i codici di sopravvivenza, che generano marginalità in alcuni posti, anche facendoli diventare prede del narcotraffico che si sostenta di suddette necessità. A volte per evasione, altre volte per comportamento o cultura, influenzano direttamente la propria vita bloccando o annullando lo sviluppo di opportunità per il futuro, rassegnandosi, per quello che si può vivere o ottenere giorno per giorno, scambiando alcuni la povertà per la miseria, o accettando per cultura il “tutto va bene”, e sentendosi soli, dinnanzi a tante avversità e dolore, passando il tempo senza risposte.
In mezzo ci sono quelli che passano da un luogo all’altro, cambiando le opzioni così come i luoghi secondo il grado di opportunità, tanto all’interno nelle grandi città, sia andando all’estero o là dove si hanno parenti radicati.
di JUAN ANIBAL GOMEZ – FONDATORE E COORDINATORE MOVIMIENTO PERONISTA TERCERA POSICION, FORO SEGURIDAD URBANA, RED AMPARO, DIRIGENTE COMUNALE, POLITICO E SOCIALE, EX VETERANO DELLE MALVINAS
Traduzione dall’argentino a cura di FRANCESCA MARIA – PORTAVOCE ITALIANA DI JUAN ANIBAL GOMEZ E DEL MOVIMIENTO PERONISTA TERCERA POSICION
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